attività subacquee
Settori
Subacquea
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Le attività subacquee (immersione subacquea) sono quelle attività che permettono all'uomo la permanenza in un ambiente sommerso, prevalentemente acquatico, sia di acque dolci che salate, quindi in ambito prevalentemente lacunare, fluviale e marino. È possibile praticare tale attività con o senza attrezzature e a seconda del caso prende il nome specifico di immersione in apnea o immersione con ARA o ARO, in pratica sistemi di respirazione autonomi o vincolati ad aria, ossigeno o miscele respiratorie – vedi attrezzatura per immersioni – sistemi che permettono quindi l'immersione per lunghi periodi di tempo.
Si può distinguere tra subacquea ricreativa o tecnica/professionale. Le due tipologie di equipaggiamenti per la subacquea sono il sistema a circuito aperto detto A.R.A. (autorespiratore ad aria con erogatore, originariamente sviluppato da Jacques Cousteau con il nome di Aqua-lung), e il sistema a circuito chiuso detto A.R.O. (autorespiratore ad ossigeno). L'A.R.O. fu creato ed utilizzato per la prima volta dagli uomini rana della Marina Militare Italiana durante la seconda guerra mondiale; più recentemente si è evoluto nel Rebreather, termine anglosassone che significa letteralmente respiratore con ricircolo dell'aria, un sistema molto sofisticato e complesso che può essere a circuito chiuso (CCR) o semichiuso (SCR), meccanico o elettronico. Questo dispositivo è in grado, a seconda del tipo, di riutilizzare il gas espirato filtrandolo e riarricchendolo di ossigeno per mantenerne costante il livello, consentendo così di prolungare notevolmente la permanenza in immersione e limitando il consumo di aria dalle bombole.
Le prime idee di sistemi subacquei autonomi appaiono in Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne
Il desiderio di andare sott'acqua è probabilmente sempre esistito: per cercare cibo, scoprire manufatti, riparare navi (o affondarle) e forse solo per osservare la vita del mare. Tuttavia, finché gli esseri umani non trovarono un sistema per respirare sott'acqua, le immersioni sono state necessariamente brevi e convulse.
Nel XVI secolo si iniziò ad utilizzare campane subacquee rifornite d'aria dalla superficie, il primo vero sistema per rimanere sott'acqua per un tempo illimitato. Due delle principali strade di investigazione, una scientifica e una tecnologica, accelerarono notevolmente l'esplorazione subacquea. La ricerca scientifica fu portata avanti dal lavoro di Paul Bert e Scott Haldane, provenienti rispettivamente dalla Francia e dalla Scozia. Allo stesso tempo i progressi tecnologici - pompe ad aria, scrubber, erogatori, ecc. - hanno reso possibile la permanenza dell'uomo sottacqua per lunghi periodi di tempo.
A partire dagli anni settanta si sviluppò, a fianco del crescente fenomeno del turismo internazionale, un turismo della subacquea mirato alla semplice "visita" dell'ambiente sottomarino. Oggigiorno i subacquei grazie alle nuove attrezzature, sempre più leggere, tecnologiche e confortevoli, sono autonomi dalla superficie e possono spostarsi nuotando quasi senza fatica, ma durante le immersioni può anche accadere di muoversi sfruttando un veicolo a propulsione, secondo le esigenze, o semplicemente sfruttando le correnti marine.
Attrezzature
Nello svolgimento dell'attività subacquea ci si avvale dell'uso di alcune attrezzature: nell'immersione con bombole, possiamo iniziare l'elenco con le "mute subacquee". Le mute subacquee sono un abbigliamento in grado di mantenere caldo il corpo durante l'immersione, e si dividono principalmente in tre tipologie: mute umide, mute semistagne e mute stagne. Le prime permettono all'acqua di entrare, seppur in minima quantità, e quindi creano un velo d'acqua tra il corpo del sub e la muta. Quando questo sottile strato si riscalda, produce una sorta di effetto isolante, ottimo per ambienti con acqua calda ma insufficiente negli altri casi. Le mute del secondo tipo sono molto aderenti al corpo, e di spessore maggiore. Tendono a far inumidire solo braccia e gambe isolando il busto del subacqueo: nascono infatti per ambienti con acqua abbastanza fredda. La terza tipologia di mute, quelle stagne, isolano completamente il sub dall'acqua, lasciando che si bagnino solamente mani e testa; sono quindi particolarmente adatte ad ambienti con acque molto fredde o a permanenze prolungate in acqua.
La seconda attrezzatura fondamentale è l'erogatore, che viene montato sulla bombola e fornisce aria a "chiamata", cioè quando con la bocca si inspira. Tale erogatore fornisce sempre una pressione uguale rispetto alla pressione ambientale esterna; ciò, per riprodurre la situazione che si ha a quota 0, cioè a livello del mare. Per sicurezza, si scende in acqua sempre con 2 erogatori completamente separati, solo alcune didattiche preferiscono usare il sistema "Octopus" cioè collegare 2 secondi stadi al primo stadio.
La terza attrezzatura utilizzata è il giubbotto ad assetto variabile (GAV), chiamato anche Jacket, che ha lo scopo di sostenere la bombola e modificare l'assetto. Questo si ottiene immettendo o togliendo aria dal GAV, grazie a un comando collegato al primo stadio. La bombola a cui accennavamo prima è preposta a contenere la riserva d'aria per il subacqueo; solitamente viene caricata fino a 200-230 bar, anche se in commercio possiamo trovare bombole fino a 300 bar.
Per calcolare le pause di decompressione sono necessari un profondimetro, un orologio e le apposite tabelle; ultimamente, però, tutto questo è stato sostituito da un computer subacqueo, che fornisce vari parametri (come la profondità massima raggiunta e la profondità attuale) e calcola automaticamente le tappe di decompressione necessarie.
Ultime attrezzature, ma non per questo meno importanti, sono la cintura della zavorra e le pinne: la prima serve per annullare la spinta positiva data dal nostro corpo e dalla muta immersi in acqua, e le seconde servono come mezzo di propulsione.
Problematiche
In particolare sono di comune utilizzo alcune attrezzature mirate a risolvere alcuni problemi particolari che si possono verificare durante l'immersione del corpo in acqua.
Respirare sott'acqua
Autorespiratore ad aria e Autorespiratore ad ossigeno.
Il primo ed ovvio problema a cui il sommozzatore va incontro è il bisogno di respirare, non avendo come le diverse specie acquatiche appositi organi idonei all'immersione. Per risolvere questo problema si è ricorsi all'uso di bombole contenenti tipicamente aria compressa. È possibile usare anche altre miscele gassose studiate per risolvere alcuni fenomeni che si verificano respirando aria compressa (tossicità dell'ossigeno, narcosi da azoto, aumento delle microbolle di gas inerte nel sangue).
La respirazione subacquea avviene quindi tramite un autorespiratore ad aria o ad ossigeno, a seconda del tipo di immersione praticata. La differenza principale tra i due tipi di autorespiratori è nel circuito di filtraggio del gas e nella metodologia di immersione.
Nell'immersione con autorespiratore ad aria la respirazione attraverso l'erogatore avviene eseguendo la normale manovra di respirazione, come se non si fosse in immersione: l'aria inspirata dall'erogatore proviene dalla bombola e quella espirata, sempre attraverso l'erogatore, viene espulsa all'esterno.
L'autorespiratore ad aria fornisce aria alla stessa pressione dell'ambiente circostante. In immersione la pressione aumenta di 1 atmosfera ogni 10 metri di profondità, ai quali dobbiamo sommare l'atmosfera presente al livello del mare.
L'azoto presente nell'aria (78%) viene spinto dalla pressione nei tessuti corporei saturandoli. Questo genera la necessità di gestire la risalita, mediante soste a date profondità, dipendenti dal profilo d'immersione, evitando che l'azoto accumulato si liberi di nuovo allo stato gassoso in maniera repentina, formando bolle che potrebbero causare emboli e generare patologia da decompressione. È necessario prestare massima attenzione alla qualità dell'aria con la quale si caricano le bombole, infatti, i compressori usati per la ricarica sono lubrificati ad olio, pertanto sono provvisti di sistema di filtraggio che, quando inefficiente, lascia passare nelle bombole una certa quantità d'olio. Respirare una miscela di aria ed olio causa gravi danni alla salute.
Nell'immersione con autorespiratore ad ossigeno la respirazione avviene invece attraverso un sistema ciclico e chiuso: non viene espulso gas in quanto questo viene trattato tramite filtri per eliminare l'anidride carbonica e reintrodotto nel circuito. Questo tipo di autorespiratore è formato essenzialmente da erogatore, sacco polmone per contenere l'aria espulsa, bombola; quest'ultima solitamente contenente una miscela arricchita di ossigeno al posto di aria, fino ad avere ossigeno al 100%. L'ossigeno consumato durante la respirazione viene reintrodotto nel circuito nel sacco polmone che contiene i gas espirati.
È da considerare che, usando l'ossigeno come gas, la profondità è limitata a 6 metri per i subacquei sportivi ed a 10 metri per i militari, in quanto a queste profondità l'ossigeno diventa nocivo per l'organismo. Le tecniche per la pratica del filtraggio sono relativamente complesse e difficili da gestire se non si ha una certa pratica.
Maschera subacquea.
Il problema della visione subacquea viene risolto con l'uso di una maschera subacquea (costruita fondamentalmente in gomma o silicone e vetro) o da un elmo da immersione, anche se a causa del fenomeno della rifrazione gli oggetti appaiono il 25% più vicini e il 33% più grandi.[1][2] Occasionalmente i reparti militari specializzati in queste attività (uomini rana) utilizzano speciali lenti a contatto allo scopo di evitare il riflesso del cristallo della maschera da parte di una torcia o faro nemico.
Comunicare sott'acqua
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Segnalazione subacquea.
Oltre alla respirazione, sott'acqua è impossibile anche la comunicazione verbale, essendo immersi in un liquido. Per questo motivo è stato ideato un sistema di segnalazione subacquea composto da gesti più o meno standard, in modo da poter comunicare coi compagni durante l'immersione. Esistono anche maschere granfacciali (coprono tutto il viso e lasciano la bocca libera dall'erogatore) in cui si può parlare; essendo provviste di un sistema di comunicazione acustico, permettono ai subacquei di comunicare tra loro.
Evitare la perdita di calore corporeo
Muta subacquea.
Questo causa l'ipotermia. L'acqua conduce il calore dal subacqueo 25 volte più dell'aria. Tranne che in acque molto calde, il subacqueo ha bisogno dell'isolamento termico che gli viene fornito da una muta subacquea. Le mute ad oggi utilizzate possono essere definite in tre tipologie: mute umide, stagne o semistagne; scelte in conseguenza della temperatura delle acque.
Evitare tagli ed escoriazioni
Muta subacquea.
Le mute aiutano anche ad evitare che la pelle del subacqueo sia ferita da oggetti sottomarini ruvidi o appuntiti, da animali marini, coralli o rocce.
Malattia da decompressione
Camera di decompressione.
La malattia da decompressione è una patologia del subacqueo dovuta alla variabile di tempo di permanenza e di profondità raggiunta e conseguente relativo accumulo nei tessuti del suo organismo, dei gas inerti (azoto, ed eventualmente, in relazione alla composizione della miscela respirata, elio ed idrogeno), senza aver effettuato alla fine dell'immersione delle soste di decompressione, per la relativa necessaria desaturazionene degli inerti in eccesso nel caso esso abbia superato i limiti di non decompressione.
Muoversi sott'acqua
Subacqueo in perfetto assetto
Il subacqueo necessita di potersi muovere sott'acqua. La mobilità personale è agevolata da pinne che vengono calzate ai piedi e da una corretta gestione del proprio assetto. Altri equipaggiamenti per aumentare la mobilità subacquea comprendono veicoli di propulsione subacquea, campane subacquee e maialini. La NASA (l'agenzia spaziale americana) utilizza l'immersione subacquea per addestrare gli astronauti a muoversi nello spazio, poiché è il metodo più conveniente e verosimile alle condizioni di assenza di gravità riscontrabile sulla terra.
Gli astronauti simulano le operazioni spaziali in grandi piscine dentro la base della NASA
Immersioni profonde
Esistono tecniche specifiche per affrontare immersioni prolungate o profonde:
immersioni tecniche - Immersioni che prevedono l'utilizzo di miscele ipossiche per gestire la tossicità dell'ossigeno in profondità, combinate con gas inerti (tipicamente elio) per limitare la narcosi d'azoto e iperossigenate per ottimizzare la decompressione; sono caratterizzate, quindi, da profondità e tempi che valicano i confini della subacquea ricreativa;
immersioni assistite dalla superficie - subacqueo assistito dalla superficie, grazie all'uso di uno scafandro;
immersioni in saturazione - operazioni subacquee effettuate con l'ausilio di campane, e relative stazioni di superficie con ambienti iperbarici (camera di decompressione) abitabili e climatizzati, che permettono una unica decompressione/desaturazione graduale, a volte anche di molti giorni, alla fine di una serie di immersioni ad alta o altissima profondità, da ca 80 a 200 metri e oltre).
Note
^ Robert A. Clark, Ed Christini e Goudlas Kelly, Open Water Diver SSI, Bologna, sub service srl, dicembre 1995, p. 96, ISBN 1-880229-29-3.
^ Fulvia Lami e Angelo Mojetta, Open Water Diver SNSI, Cairo, SNSI Egypt Ltd, marzo 2000, pp. 82-83.
Bibliografia
The Diving Manual. BSAC, ISBN 0-9538919-2-5.
The Club 1953-2003. BSAC, ISBN 0-9538919-5-X.
La subacquea e la II Guerra Mondiale
Impresa di Alessandria
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Impresa di Alessandria
Comandanti
Andrew Cunningham Junio Valerio Borghese
Effettivi
2 navi da battaglia
varie unità di scorta e mercantili alla fonda 6 operatori della Xª Flottiglia MAS con 3 mezzi d'assalto (maiali)
Perdite
2 corazzate gravemente danneggiate,
una petroliera danneggiata,
un cacciatorpediniere danneggiato,
8 morti[1] 6 operatori catturati
Nell'impresa di Alessandria sei palombari della Regia Marina, a bordo di tre mezzi d'assalto subacquei denominati colloquialmente "maiali" e tecnicamente siluri a lenta corsa (SLC), penetrarono nel porto di Alessandria d'Egitto ed affondarono con testate esplosive le due navi da battaglia britanniche HMS Queen Elizabeth (33.550 t) e HMS Valiant (27.500 t), danneggiando inoltre la nave cisterna Sagona (7.750 t) ed il cacciatorpediniere HMS Jervis (1.690 t).
Quella che è senz'altro la più celebre delle azioni della Xª Flottiglia MAS, denominata operazione G.A.3, venne effettuata nella notte tra il 18 ed il 19 dicembre 1941. Si trattò di una sorta di rivincita delle forze armate italiane per le gravi perdite navali subite nella notte di Taranto (novembre 1940) e proiettò nella leggenda i nomi di Borghese e del suo sommergibile, lo Scirè.
La preparazione
La preparazione dell'attacco, per quanto competeva agli operatori della Xª, venne attuata con la massima meticolosità. L'allenamento del personale era pesantissimo, i materiali sempre all'avanguardia. Non altrettanto valido risulterà invece il supporto informativo, soprattutto per quanto riguarda le informazioni fornite dal SIM sulla situazione all'esterno del porto e per il piano di fuga.
L'attacco
La notte del 3 dicembre il sommergibile Sciré comandato dal tenente di vascello Junio Valerio Borghese lasciò La Spezia per la missione G.A.3. Dopo uno scalo a Lero, nell'Egeo, per imbarcare gli operatori dei mezzi d'assalto giunti sul posto dopo il trasferimento aereo dall'Italia, il 14 dicembre il sommergibile si diresse verso la costa egiziana per l'attacco previsto nella notte del 17. Una violenta mareggiata però fece ritardare l'azione di un giorno. La notte del 18, con condizioni del mare ottimali, approfittando dell'arrivo di tre cacciatorpediniere che obbligarono i britannici ad aprire un varco nelle difese del porto, i tre SLC (Siluro a Lenta Corsa), pilotati ciascuno da due uomini di equipaggio, penetrarono nella base per dirigersi verso i loro obiettivi. I palombari dovevano giungere sotto la chiglia del proprio bersaglio, piazzare la carica d'esplosivo e successivamente abbandonare la zona dirigendosi a terra e autonomamente cercare di raggiungere il sommergibile che li avrebbe attesi qualche giorno dopo al largo di Rosetta.
La HMS Queen Elizabeth circondata da reti parasiluri nel porto di Alessandria prima dell'attacco.
L'equipaggio Durand de la Penne - Bianchi sul maiale nº 221 puntò verso la nave da battaglia Valiant. Perso il secondo a causa di un guasto al respiratore, de la Penne trascinò sul fondo il proprio mezzo fino a posizionarlo sotto la carena della nave da battaglia prima di affiorare, essere catturato e portato proprio sulla corazzata. Dopo poco, gli inglesi catturarono anche Bianchi, che era risalito alla superficie e si era aggrappato ad una boa di ormeggio della corazzata, e lo rinchiusero nello stesso compartimento sotto la linea di galleggiamento nel quale avevano portato Durand de la Penne, nella speranza di convincerli a rivelare il posizionamento delle cariche. Alle 05:30, a mezz'ora dallo scoppio, de la Penne chiamò il personale di sorveglianza per farsi condurre dal comandante della nave Morgan ed informarlo del rischio corso dall'equipaggio; ciò nonostante questi fece riportare l'ufficiale italiano dov'era. All'ora prevista l'esplosione squarciò la carena della corazzata provocando l'allagamento di diversi compartimenti mentre molti altri venivano invasi dal fumo; anche il compartimento che ospitava gli italiani venne interessato dall'esplosione e una catena smossa dall'esplosione ferì alla testa Durand De La Penne; ma i due italiani riuscirono ad uscire dal locale e ad andare in coperta da dove vennero evacuati insieme al resto dell'equipaggio.
Martellotta e Mario Marino, sul maiale nº 222, costretti a navigare in superficie a causa di un malore del primo, condussero il loro attacco alla petroliera Sagona. Dopo aver preso terra vennero anch'essi catturati dagli egiziani. Intorno alle sei del mattino successivo ebbero luogo le esplosioni. Quattro navi furono gravemente danneggiate nell'impresa: oltre alle tre citate anche il cacciatorpediniere HMS Jervis, ormeggiato a fianco della Sagona, fu infatti vittima delle cariche posate dagli assaltatori italiani.
Esemplare di "maiale" della seconda guerra mondiale del tipo detto: "Siluro San Bartolomeo", attualmente esposto al Submarine Museum di Gosport.
Antonio Marceglia e Spartaco Schergat sul maiale nº 223, in una «missione perfetta»[3], «da manuale»[4] rispetto a quelle degli altri operatori, attaccarono invece la Queen Elizabeth, alla quale agganciarono la testata esplosiva del loro maiale, quindi raggiunsero terra e riuscirono ad allontanarsi da Alessandria, per essere catturati il giorno successivo, a causa dell'approssimazione con la quale il servizio segreto militare italiano, il SIM, aveva preparato la fuga: vennero date ai palombari banconote che non avevano più corso legale in Egitto e per cercare di cambiare le quali l'equipaggio perse tempo. Nonostante il tentativo degli italiani di spacciarsi per marinai francesi appartenenti all'equipaggio di una delle navi in rada, vennero riconosciuti e catturati[5].
Le conseguenze
« ...sei italiani equipaggiati con materiali di costo irrisorio hanno fatto vacillare l'equilibrio militare in Mediterraneo a vantaggio dell'Asse. »
(Winston Churchill)
Sebbene l'azione fosse stata un successo, le navi si adagiarono sul fondo, e non fu immediatamente possibile avere la certezza che non fossero in grado di riprendere il mare. Nonostante tutto, le perdite di vite umane furono molto contenute: solo 8 marinai persero la vita.
L'azione italiana costò agli inglesi, in termini di naviglio pesante messo fuori uso, come una battaglia navale perduta e fu tenuta per lungo tempo nascosta anche a causa della cattura degli equipaggi italiani che avevano effettuato la missione. La Valiant subì danni alla carena in un'area di 20 x 10 m a sinistra della torre A[7], con allagamento del magazzino munizioni A e di vari compartimenti contigui. Anche gli ingranaggi della stessa torre vennero danneggiati e il movimento meccanico impossibilitato, oltre a danni all'impianto elettrico. La nave dovette trasferirsi a Durban per le riparazioni più importanti che vennero effettuate tra il 15 aprile ed il 7 luglio 1942[8]. Le caldaie e le turbine erano rimaste però intatte. La Queen Elizabeth invece fu squarciata sotto la sala caldaie B con una falla di 65 x 30 m che passava da dritta a sinistra, danneggiando l'impianto elettrico ed allagando anche i magazzini munizioni da 4,5", ma lasciando intatte le torri principali e secondarie. La nave riprese il mare solo per essere trasferita a Norfolk, in Virginia, dove rimase in riparazione per 17 mesi.
Per la prima volta dall'inizio del conflitto, la flotta italiana si trovava in netta superiorità rispetto a quella britannica, a cui non era rimasta operativa alcuna corazzata (la HMS Barham era stata a sua volta affondata da un sommergibile tedesco il 25 novembre 1941). La Mediterranean Fleet alla fine del 1941 disponeva solo di quattro incrociatori leggeri e alcuni cacciatorpediniere[9].
L'ammiraglio Cunningham per ingannare i ricognitori italiani decise di rimanere con tutto l'equipaggio a bordo dell'ammiraglia che, fortunatamente per lui, si era appoggiata sul fondale poco profondo. Per mantenere credibile l'inganno nei confronti della ricognizione aerea, sulle navi si svolgevano regolarmente le cerimonie quotidiane, come l'alzabandiera[2]. Poiché l'affondamento avvenne in acque basse le due navi da battaglia furono recuperate negli anni successivi, ma la sconfitta rappresentò un colpo durissimo per la flotta britannica, che condizionò la strategia operativa anche ben lontano dal teatro operativo del Mediterraneo.
A questo proposito, Churchill scrisse:
« Tutte le nostre speranze di riuscire a inviare in Estremo Oriente delle forze navali dipendevano dalla possibilità d’impegnare sin dall’inizio con successo le forze navali avversarie nel Mediterraneo »
Tuttavia contrasti tra gli Stati Maggiori dell'Asse non permisero di sfruttare questa grande occasione di conquistare il predominio aeronavale nel Mediterraneo e occupare Malta.
Dopo l'armistizio
Luigi Durand de la Penne
Emilio Bianchi
Antonio Marceglia
Spartaco Schergat
Vincenzo Martellotta
Mario Marino
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, tutti e 6 gli operatori della Xª vennero decorati a Taranto con la medaglia d'oro al valor militare che venne appuntata dal commodoro sir Charles Morgan, ex comandante della HMS Valiant.
Note
Teseo Tesei
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Il Maggiore del Genio Navale Teseo Tesei
3 gennaio 1909 – 26 luglio 1941
Nato a Marina di Campo
Morto a La Valletta, Malta
Cause della morte caduto in combattimento
Dati militari:
Paese servito Italia Italia
Forza armata Regia Marina
Unità Xª Flottiglia MAS
Anni di servizio 1929-1941
Grado Maggiore del Genio navale
Comandanti Junio Valerio Borghese
Guerre Guerra civile spagnola
seconda guerra mondiale
Battaglie Attacco a Malta
Decorazioni Medaglia d'Argento al Valor Militare; Medaglia d'Oro al Valor Militare
Studi militari Accademia Navale di Livorno
Teseo Tesei (Marina di Campo, 3 gennaio 1909 – La Valletta, 26 luglio 1941) è stato un militare e inventore italiano.
Maggiore del Genio navale della Regia Marina, brevettato palombaro, prestò servizio come operatore della Xª Flottiglia MAS durante la seconda guerra mondiale venendo decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria per il coraggio dimostrato durante l'ultima missione.
Biografia
Nacque a Marina di Campo sull'isola d'Elba il 3 gennaio 1909,[2] ultimo degli otto figli di Ulisse, armatore di una piccola flotta dedita al trasporto di vini oltreoceano e Rosa Carassale[3]. Dopo aver frequentato il ginnasio del Collegio degli Scolopi di Firenze entrò nella Regia Accademia Navale di Livorno nel corso del 1925.[1]
Nel 1930 frequentò il Corso Normale del Corpo del genio navale presso l'Accademia di Livorno uscendone l'anno successivo con il grado di Tenente G.N.[2] Nel 1933 conseguì a pieni voti la laurea alla Scuola di Ingegneria Navale di Napoli, ottenendo il brevetto da palombaro l'anno successivo presso la Regia scuola palombari di La Spezia.
Assegnato alla 1ª Flottiglia sommergibili di La Spezia, ebbe numerosi incarichi su unità subacquee e di superficie. Promosso Capitano G.N. partecipò alla guerra civile spagnola come volontario.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale, venne assegnato alla V Squadriglia della 1ª Flottiglia MAS di stanza a La Spezia. Nell'agosto dello stesso anno, come riconoscimento dei suoi studi sui mezzi d'assalto, ricevette la Medaglia d'Oro di 1ª Classe per aver ideato invenzioni utili alla Marina.[2]
A fine agosto del 1940 partecipò alle operazioni di recupero dell'equipaggio del sommergibile Iride affondato da aereosiluranti inglesi nel Golfo di Bomba mentre era in missione nel tentativo di portare mezzi d'assalto in prossimità della base inglese di Alessandria d'Egitto con l'intento di violarla.[4] Per l'ardimento dimostrato durante l'operazione di salvataggio fu insignito della Medaglia d'argento al valor militare, e promosso al grado di Maggiore G.N. nel dicembre dello stesso anno.
L'attacco a Malta
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Attacco a Malta.
Nella notte fra il 25 e il 26 luglio 1941 prese parte all'operazione Malta Due, nome assegnato dalla Regia Marina all'azione di forzamento della base navale inglese di La Valletta a Malta: in azione congiunta due SLC dovevano far saltare le reti di protezione del porto in modo tale da consentire a sei barchini esplosivi di dirigersi sulle navi indifese poste in rada.[3][1]
Tuttavia, a causa di guasti tecnici non ben definiti accaduto sull'altro SLC[5], venne accumulato un ritardo nelle operazioni di collocazione delle cariche che rischiava di far saltare l'intera operazione, per non compromettere quindi la missione dei barchini esplosivi, il Tesei decise deliberatamente di «spolettare a zero», rinunciando cioè ad allontanarsi dall'arma prima che esplodesse sotto l'obiettivo, sacrificandosi in tal modo insieme al 2º capo palombaro Alcide Pedretti[6]
Per tale atto eroico fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[7] Nel 1942 l'Università di Padova lo onorò conferendogli la laurea ad "honorem alla memoria".
Il vicegovernatore di Malta, sir Edward Jackson, ricordando l'episodio il 4 ottobre 1941 scrisse: Nel luglio scorso gli italiani hanno condotto un attacco con grande decisione per penetrare nel porto, impiegando MAS e "siluri umani" armati da "squadre suicide" (…). Questa impresa ha richiesto le più alte doti di coraggio personale.
Il Siluro a Lenta Corsa
Durante gli studi all'Accademia Navale di Livorno, il Tesei cominciò a pensare, insieme all'amico Italo Piccagli, a come si potesse ammodernare e rinnovare il progetto della mignatta (torpedine semovente) realizzata da Raffaele Rossetti e Raffaele Paolucci durante la prima guerra mondiale. Nel 1935, con l'ausilio dell'ingegnere navale Elios Toschi, ideò un siluro a bassa velocità (siluro a corsa lenta) che consentisse a due operatori muniti di respiratori di pilotarlo navigando sott'acqua in modo tale che potessero dirigersi indisturbati sotto il bersaglio per attaccarlo, per la forma tozza il siluro a lenta corsa venne ribattezzato maiale.
Tuttavia, per riuscire nell'intento di guidare con efficacia il siluro, era necessario progettare un respiratore che consentisse ai sommozzatori di restare sott'acqua per lunghi periodi. In quegli anni esisteva già un autorespiratore a ossigeno a ciclo chiuso, denominato maschera di Davis, che veniva utilizzato per uscite di emergenza dagli equipaggi da sommergibili in avaria, tale dispositivo si era comunque dimostrato nel tempo scarsamente affidabile e dotato di ridotta autonomia.
All'epoca stava lavorando da tempo sul problema della maschera di Davis il comandante Angelo Belloni, abile tecnico e autore di studi sulla subacquea, unendo le forze il Tesei e Belloni riuscirono ad incrementare l'autonomia del respiratore da venti minuti ad alcune ore aumentandone nel contempo l'affidabilità. Il nuovo respiratore, denominato modello 49/bis venne approvato nel luglio del 1936.[11][10]
Riconoscimenti
A Tesei sono stati intitolati l'aeroporto di Marina di Campo dell'isola d'Elba, una scuola media di Livorno e il COMSUBIN (Comando subacquei e incursori) il cui nome ufficiale è Raggruppamento subacquei e incursori Teseo Tesei. Si tratta del raggruppamento della Marina Militare incaricato di svolgere le operazioni di guerra non convenzionale in ambiente acquatico. Assieme al reggimento Col Moschin dell'Esercito, al GIS dei Carabinieri e agli Incursori del 17º Stormo dell'Aeronautica militare costituiscono una delle forze speciali italiane.
Onorificenze
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'argento al valor militare
«Imbarcato di passaggio sopra una nave appoggio attaccata col siluro e con le mitragliatrici da aerei siluranti nemici a bassissima quota, che riuscivano ad affondare l'unità, dimostrava sprezzo del pericolo ed ardimento. Partecipava poi alle operazioni dirette al salvataggio dei superstiti rinchiusi all'interno di un sommergibile, silurato ed affondato nello stesso tempo, affrontando per più di 24 ore i più gravi pericoli e le più ardue difficoltà, noncurante della propria incolumità, raggiungendo il suo intento. Dava così prova delle più alte e nobili virtù militari di sangue freddo, coraggio, e generoso altruismo.»
— Golfo di Bomba, 22-24 agosto 1940. Zona di Guerra 31 agosto 1940.
— Regio Decreto del 27 dicembre 1941.[13]
Medaglia d'oro al valor militare alla memoria - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro al valor militare alla memoria
«Ufficiale Superiore del Genio Navale, in lunghi anni di tenace, intelligente, appassionato lavoro riusciva, superando difficoltà di ogni genere, a realizzare, in cooperazione con altri pochi valorosi tecnici, e successivamente a perfezionare il mezzo d'assalto subacqueo della Regia Marina. Non pago del decisivo contributo portato dalla sua brillante intelligenza e dalla sua profonda cultura volle personalmente provare, collaudare e impiegare in guerra l'arma insidiosissima. Nonostante fosse minorato nel fisico per questa attività, inflessibilmente volle partecipare al forzamento di una delle più potenti e meglio attrezzate basi navali dell'avversario, conducendo lo strumento da lui ideato. Verificatosi nel corso dell'azione un ritardo, dovuto a imprevisti incidenti tecnici, che avrebbe potuto compromettere l'esito, allo scopo di guadagnare tempo perduto e di portare a termine a ogni costo il suo compito, decideva di rinunciare ad allontanarsi dall'arma prima che esplodesse contro l'obiettivo. Col sacrificio della vita assurgeva, unitamente al suo secondo uomo rimasto a lui fedele fino alla morte, alla gloria purissima del cosciente olocausto. Esempio di elette virtù militari e di sublime dedizione alla Patria, oltre il dovere.»
— Acque di Malta, alba del 26 luglio 1941.
— Regio Decreto 31 maggio 1946.
Note
^ a b c d e Il Nastro Azzurro n.6, novembre-dicembre 2009, p. 28
^ a b c d e f (IT) Teseo Tesei - Marina Militare, su www.marina.difesa.it. URL consultato il 14 ottobre 2017.
^ a b c d L'Eroe della Marina Teseo Tesei - giornaleditalia, su www.ilgiornaleditalia.org. URL consultato il 14 ottobre 2017.
^ Si trattava della prevista Operazione GA. 1.
^ Si trattava di quello condotto del sottotenente di vascello Franco Costa e del sergente palombaro Luigi Barla.
^ Junio Valerio Borghese, Decima Flottiglia MAS, Garzanti, Milano, 1950. Secondo Tesei il siluro pilotato era da considerarsi più un'arma morale che non destinata a infliggere danni al nemico; era solito dire: Occorre che tutto il mondo sappia che vi sono italiani che si recano a Malta nel modo più temerario: se affonderemo qualche nave, oppur no, non ha molta importanza: quel che importa è che noi si sia capaci di saltare in aria col nostro apparecchio sotto l'occhio del nemico: avremo così indicato ai nostri figli e alle future generazioni a prezzo di quali sacrifici si serva il proprio ideale e per quale via si pervenga al successo.
^ a b c d e Il Nastro Azzurro n. 6, novembre-dicembre 2009, p. 29
^ Daily Mail, 4 ottobre 1941
^ (IT) Super User, I Mezzi d'Assalto - Associazione Combattenti Decima Flottiglia MAS, su www.associazionedecimaflottigliamas.it. URL consultato il 14 ottobre 2017.
^ a b c (IT) Teseo Tesei - Marina Militare, su www.marina.difesa.it. URL consultato il 14 ottobre 2017.
^ Durante una prova lo stesso Tesei rimase per tre ore e un quarto in immersione per testarlo. Beppe Pegolotti, Gli assaltatori della Xª Flottiglia Mas, Associazione Amici di Teseo Tesei, 2007.
^ (IT) Comsubin - Marina Militare, su www.marina.difesa.it. URL consultato il 14 ottobre 2017.
^ Determinazione del 31 agosto 1940.
Bibliografia
Junio Valerio Borghese, Decima Flottiglia MAS, Milano, Garzanti Editore, 1950.
Luis De La Sierra, Gli assaltatori del mare, Milano, Ugo Mursia Editore, 1971.
Giorgio Giorgerini, Attacco dal Mare. Storia dei mezzi d'assalto della Marina Italiana, Milano, A. Mondadori Editore, 2007, ISBN 978-88-04-51243-1.
Luigi Romersa, All'ultimo quarto di luna: le imprese dei mezzi d'assalto, Mursia, 1977.
(EN) Jack Greene, The Black Prince and the Sea Devils: The Story of Valerio Borghese and the Elite Units of the Decima Mas, Cambridge, Da Capo Press, 2004, ISBN 0-306-81311-4.