Psicologia dell'emergenza
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PSICOLOGIA
DELL’EMERGENZA
Che cos’è la Psicologia dell’emergenza?
Se guardiamo la disciplina nel suo contesto storico,
possiamo vedere che, pur se a livello istintivo, sono sempre esistite iniziative
di assistenza emotiva alle vittime di eventi catastrofici e inaspettati, si
trattava tuttavia di impulsi improvvisati e, di solito, di scarsa efficacia.
L’attenzione fondamentalmente era posta alla parte fisica dell’essere umano,
alla sofferenza immediatamente visibile.
Ma qualcosa si vegliò durante la I Grande Guerra, si cercò
di comprendere come mai soldati normalmente disciplinati e coraggiosi,
improvvisamente mutavano il proprio comportamento rifuggendo lo scontro a tal
punto da essere processati con l’accusa di codardia. Pian piano si è arrivati ad una nuova visione dell'evento
disastroso, furono esaminati i processi psicologici attivati a seguito di gravi
emergenze collettive e da condizioni fuori dall’ordinario contesto di vita, mettendo
in luce le conseguenze immediate e nel medio-lungo periodo, sulle capacità di
adattamento e sul benessere delle persone e della comunità di appartenenza. I
risultati evidenziarono che entrambi questi aspetti subivano importanti e
sostanziali mutamenti.
Ciò portò inevitabilmente a un cambiamento nel paradigma d'intervento
in situazioni fortemente critiche: si era aperta la porta alla psicologia come
disciplina tesa alla tutela della salute mentale degli individui nelle grandi
emergenze.
Col tempo si acquisirono nuovi metodi di intervento; oltre
alle vittime di avvenimenti catastrofici, si aggiungono eventi diversi da
quelli naturali, più o meno estesi, ma ugualmente destabilizzanti per la mente
umana; al di là delle vittime si indagherà inoltre sulle reazioni degli operatori.
In Italia tutto questo corpo d’informazioni andrà a costituire
la “Psicologia dell’emergenza” col compito, come già accennato, è intervenire per favorire la normalizzazione psicologica in tutte quelle situazioni che
trascinano l’individuo e la sua comunità al di fuori del consueto contesto di
vita. Essendo una disciplina rivolta, in maniera trasversale, a
ricomporre i contributi di varie branche della ricerca, adattandole allo studio
dei processi psicologici che si attuano nelle situazioni acute e non ordinarie, sono molteplici le tecniche adottate per raggiungere lo
scopo.
Nasce
il “Peer Supporter”
Alcune di queste competenze possono essere
utilizzate da non psicologi per supportare negli eventi critici sia le persone
che i soccorritori, tali soggetti, adeguatamente istruiti da personale
specialistico prendono il nome di: “Peer Supporter” (sostegno tra pari).
Normalmente, questi percorsi formativi, vengono attivati per tutte le tipologie
di soccorritori, medici compresi. Un’altra branca che ne trova beneficio sono i
soldati, le forze dell’ordine e di pronto intervento (per es. vigili del fuoco).
Infatti i professionisti, spesso comandati in missioni operative nel proprio
paese e fuori area, devono continuamente fare i conti con periodi, più o meno
lunghi della loro vita, inusuali e fortemente stressanti. Si sta quindi
evolvendo un nuovo tipo di soldato che, oltre ad imbracciare l’arma, fornisce
supporto psicologico a se stesso ed ai suoi compagni, consentendo il
prolungamento della missione, accompagnato da una notevole diminuzione degli
effetti deleteri dello stress: durante la stessa (che si traduce in una maggior
efficacia ed efficienza) ed al rientro riducendo (o addirittura annullando) le
possibili conseguenze negative nel lungo termine della prolungata esposizione
all’affaticamento psicofisico.
Il supporto tra pari
viene ormai da tempo utilizzato in tutto il mondo come risposta privilegiata
per affrontare i rischi di conseguenze psicologiche negative che possono
comportare certe operazioni.
Proseguendo nella
formazione, troviamo la figura del “Peer Supporter Avanzato”: è quella di un individuo
che, oltre ad aver seguito uno specifico percorso formativo per prestare il
primo intervento psicologico ai suoi pari, apprenderà pratiche di osservazione
attiva per identificare le situazioni critiche e guidare specifici momenti di
ascolto, accompagnando i soggetti in un percorso di gestione dello stress finalizzato
alla promozione della stabilizzazione psichica e della normalizzazione
comportamentale, tramite tecniche di decompressione emotiva; consigliando, nei
casi più problematici, la necessità di aiuto professionale ma continuando a
seguire la persona in questa fase, fino a consegnarla nelle mani del
professionista.